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Il testo è dedicato alle cd. “società di comodo” la cui disciplina, negli ultimi anni, è stata oggetto di importanti modifiche normative.
In origine, infatti, erano considerate “di comodo” le società individuate dall’articolo 30, Legge n. 724/1994, ovvero che conseguivano un ammontare di ricavi effettivi inferiore ai ricavi minimi (presunti) individuati applicando determinate percentuali a specifiche voci dell’attivo di Stato patrimoniale.
Alle disposizioni di cui alla Legge n. 724/1994 si affianca, dal 2012, l’articolo 2, D.L. n. 138/2011 (come modificato, dal 2014, dal D.Lgs. n. 175/2014) il quale prevede ora che sono “di comodo” anche le società in perdita fiscale per cinque periodi d’imposta consecutivi, ovvero per quattro periodi d’imposta se nel quinto è stato dichiarato un reddito inferiore al minimo “presunto”.
In conclusione, oggi è possibile affermare che esistono due categorie di società di comodo:
· le “società non operative” (che non superano il test di operatività di cui all’art. 30, Legge n. 724/1994);
· le “società in perdita sistematica”, di cui all’art. 2, D.L. n. 138/2011.
Entrambe le fattispecie, fatta salva la possibilità di applicare una delle cause di esclusione/disapplicazione o l’accoglimento della specifica istanza di interpello disapplicativo, incontrano una serie di restrizioni in ambito IRES/IRPEF, IRAP, nell’utilizzo delle perdite nonché in relazione all’utilizzo del credito IVA.
Il testo analizza compiutamente la disciplina delle società di comodo: verifica dell’operatività, cause di esclusione e/o disapplicazione, istanze di interpello disapplicativo, determinazione del reddito minimo, limitazioni e restrizioni applicabili.