La questione dell’esatta individuazione delle “controversie in materia societaria” compromettibili in arbitri è di rilevanza centrale in chiave interpretativa e di politica del diritto e tuttavia è, da sempre, fonte di gravi incertezze, tanto in dottrina quanto in giurisprudenza. La gran parte degli attuali interrogativi preesisteva alla riforma introdotta con gli artt. 34 ss., d.lgs. n. 5/2003, che non è riuscita, pertanto, a dissipare dubbi ed incertezze e che tuttavia, dettando una disciplina dell’arbitrato per molti aspetti innovativa, ha avuto comunque il merito di optare per un marcato favor arbitratus. Il ricorso allo strumento arbitrale di risoluzione delle controversie, del resto, incidendo sull’efficienza del governo dell’impresa e favorendone la competitività, è pienamente in linea con le finalità generali della riforma. Una simile predilezione costituisce un dato di sicuro interesse in chiave di valutazione storica e di politica legislativa, oltre a tradursi in una concreta e specifica direttiva da cui l’interprete non può prescindere, tanto che la competitività diverrebbe essa stessa criterio interpretativo delle nuove regole.
È pertanto compito dell’interprete contribuire a ricercare e a proporre soluzioni che conducano alla massima espansione applicativa dell’arbitrato societario, nei limiti in cui ciò sia consentito dal sistema e dunque col supporto di argomentazioni solide e “resistenti” sotto il profilo ermeneutico. Scopo del lavoro è quindi quello di elaborare un’ipotesi di lettura della nozione di “diritti disponibili relativi al rapporto sociale”, su cui fa perno l’art. 34, d.lgs. n. 5/2003 per stabilire l’area di compromettibilità delle controversie societarie, che trovi piena giustificazione nel peculiare contesto sistematico in cui è calata e in cui è destinata a trovare applicazione e riceva suffragio ulteriore dalla sua stessa capacità di contribuire, sul piano applicativo, alla realizzazione degli obiettivi di politica legislativa e dei risultati in termini di efficienza di sistema che reclamano un’espansione dell’arbitrato societario.