0
A distanza di un decennio dalla legge n. 300/2000 che delegava il Governo alla costruzione di un ‘Sistema punitivo’ per l’applicazione agli enti di sanzioni amministrative in caso di reati commessi dai suoi organi, e di oltre nove anni trascorsi dal primo d.lgs. di attuazione n. 231/2001, il quadro normativo di tale importantissima innovazione non è stato ancora completato. Questa osservazione ricalca la ‘quarta di copertina’ del volume La responsabilità dell’impresa per i fatti di reato. Commento alla legge 29 settembre 2000, n. 300 ed al d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231. Presupposti della responsabilità e modelli organizzativi, edito dalla nostra Casa editrice nel 2004; da allora molta acqua è passata sotto i ponti, dottrina e giurisprudenza – sia di merito che di legittimità – hanno fatto sentire la loro voce in molti modi e con molte sfumature, talora critiche, talora adesive. Fino al novembre del 2009 nessuno dei ‘Modelli di organizzazione e gestione’ previsti dalla nuova disciplina aveva offerto valida resistenza alla pretesa punitiva delle varie Procure italiane, sia in sede cautelare che in sede giudiziale. Una prima svolta si è verificata con la sentenza 17 novembre 2009 del Giudice delle Indagini Preliminari del Tribunale di Milano che – per la prima volta – ha mandato assolto l’ente dagli addebiti a lui mossi. Tale importante decisione, con tutta evidenza, è destinata a fare scuola e a dare senz’ altro impulso all’adozione dei ‘Modelli’ anche da parte di chi sinora, sulla scorta di valutazioni sempre scoraggianti, aveva giudicato inutile il ricorso a tale vero e proprio ‘scudo’
